Tutti ci sono entrati almeno una volta nella loro vita. Marnarid, con il suo profumo di zucchero, cannella e liquirizia che si spande per tutta piazza dell’Odegitria, che sai che c’è ancora prima di vedere l’insegna, è una di quelle istituzioni che guai a toccare e che rappresentano la vera anima del commercio barese. Quasi 160 anni di storia da sempre intrecciata alla vita di Bari vecchia con una data scolpita vicino l’insegna: 1865.
«Ieri come oggi per portare avanti una attività commerciale bisogna essere bravi e saper intercettare i gusti che cambiano – racconta Francesco Sifanno che con altri 4 fratelli oggi gestisce l’attività dopo che il padre la rilevò negli anni ’70 -. Bisogna usare accortezza nelle transazioni commerciali, nell’acquistare e vendere. Credo che sia questa la ricetta che ci ha permesso di arrivare con quasi 160 anni di storia sulle spalle. Noi abbiamo avuto la fortuna di aver avuto un ottimo maestro, chi ha cresciuto nostro padre e già gestiva l’attività e gli ha insegnato tutto. Insegnamenti che ancora oggi noi seguiamo».
Marnarid non è sempre stato un negozio di vendita al dettaglio, due secoli fa nasce come fabbrica che produceva dolciumi e confetti. «Si realizzavano prodotti semplici, il chicco di caffè ricoperto di cioccolato, ad esempio. Ancora conserviamo vecchie confezioni. Nel passato spedivamo in tutt’Italia, una attività che oggi abbiamo conservato ma un po’ più in piccolo. Copriamo tutta la regione con qualche punta anche in Svezia. Abbiamo clienti esteri che continuano a servirsi da noi».
Il negozio è una specie di «Paese dei balocchi», ma dove se entri non ti trasformi in un asinello. In compenso anche se sei adulto, ti trovi a tornar bambino con quella magia negli occhi che solo una caramella o un cioccolatino sanno compiere. «Ancora oggi arrivano da noi tanti migranti che sono andati via da Bari bambini e ci raccontano di quando da piccoli sognavano di potersi aggirare tra i nostri scaffali – dice Sifanno -. Ancora oggi noi lasciamo i bambini liberi di scegliere».
Ma di storie dietro negozi così antichi ce ne sono tante. Vite che si intrecciano indissolubilmente con il territorio. «Ero una bambina, forse di 6 anni, rivendevo ai turisti le cartoline di Alberobello per arrotondare i guadagni di famiglia. E’ sempre stata la mia vita stare con le persone». Nadia Matarrese ha i capelli bianchi e l’energia di una ragazzina. Ad Alberobello la sua bottega artigianale è nel rione Monti. «Ho fatto fino alla terza elementare – non c’erano molti soldi in famiglia – racconta con una sincerità disarmante -. Tra gli anni ’50 e ’60 i turisti che arrivavano in paese si potevano contare con una mano, non come ora. Mi dicevano: bimba, dove possiamo vedere un trullo? Ed io li portavo a casa mia. Ho iniziato così con le piccole mance che mi davano per ringraziarmi. A nove anni invece ho incominciato al telaio a realizzare scialli. Ero così piccola che non arrivavo con i piedi ai pedali».
La signora Nadia è come se rappresentasse l’artigianato di Alberobello, una sorta di istituzione tanto da essere stata invitata 6 volte in Giappone come promoter dell’artigianato autentico. «E’ la mia vita il mio negozio, il rapporto con le persone. Non potrei fare altro e non posso farne a meno. E questo prescinde se poi i turisti comprano o meno». «Ma se comprano è meglio», ribatte un collega commerciante poco distante. Tutti ridono e un po’ anche si commuovono. Un piccolo negozio è tutto questo.
di Rita Schena su La Gazzetta di Bari
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